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Diffusione controllata del nucleare: è necessario un intervento urgente per evitare il conflitto diretto Israele/Iran

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Questa analisi è stata pubblicata nel GEAB N. 38 dell’Ottobre 2009, basata in particolare su un articolo di Franck Biancheri, edito il 13 Gennaio 2006, dal titolo: “Crise iranienne: Le Chant du Cygne de la non-proliferazione nucléaire”.

La strategia è una questione che serve a trasformare un pantano in un’opportunità. E, in effetti, c'è un modo per trasformare la crisi nucleare dell'Iran in un mezzo per stabilizzare il Medio Oriente, ed offrire al mondo qualche decennio di stabilità strategica. Il metodo consiste nella trasformazione dell'obsoleto “Trattato Di Non Proliferazione Nucleare (TNP)”, in un “Trattato Di Diffusione Controllata Del Nucleare (CND)”.

E’ un dato di fatto: gli europei, i russi ed i cinesi devono avviare una riforma radicale del TNP e di tutti i metodi e gli strumenti ad esso connessi. Questo deve essere adattato alla realtà del 21° secolo, e deve essere basato sul concetto di CND. Il progresso scientifico, avendo diminuito i costi, ha reso più facile l’accesso alla tecnologia nucleare1. Di conseguenza è diventato difficile distinguere tra programmi nucleari civili e militari, sia in termini di strumenti che di canali (come ben illustrato dalle “bombe sporche"). Il fatto è che, riconosciute o nascoste che esse siano, ci sono oggi almeno 40 “potenze nucleari” o “quasi nucleari” (ovvero, in grado di diventarlo molto presto) ... invece delle 5 di quando è stato firmato il TNP. Inoltre, in un mondo dove tutti sanno che il deterrente nucleare è in grado, in alcuni casi, di mantenere la pace (la guerra fredda, ad esempio), la preoccupazione principale, per le entità infra-statali, è diventata quella di ottenere l'accesso a queste armi (per il terrorismo nucleare, ad esempio). In breve, il TNP non funziona più, e tutti i tentativi da parte di questo club di controllare i progressi nucleari, sono stati vani per almeno due decenni.

Mappa mondiale sullo sviluppo delle armi nucleari: (Rosso, i 5 "stati nucleari" firmatari del TNP/Arancio, le altre potenze nucleari note/Viola, stati già possessori di armi nucleari/Giallo, stati in procinto di sviluppare armi o programmi nucleari/Blue, stati che affermano di aver avuto, ad un certo punto, ordigni o programmi di ricerca sulle armi nucleari/Rosa, stati che dichiarano di possedere armi nucleari) - Fonte: FuturePresent/TNP, 10/2006

La crisi Iran/USA/Israele dev’essere intesa come un momento chiave sia della crisi generalizzata dell’attuale sistema internazionale, che dell'obsolescenza della politica di non-proliferazione condotta a partire dal 1945. Essa pone fine all’ordine prestabilito del post-1945. Questa crisi è un confronto diretto tra due logiche arcaiche: da un lato i leaders iraniani ignorano gli interessi collettivi globali, e si concentrano semplicemente sui propri interessi nazionali di breve termine, mentre gli Stati Uniti con i leaders israeliani, dall’altro lato, identificano i propri interessi di breve termine con gli interessi collettivi globali.

La politica di non-proliferazione nucleare, eredità del dopo seconda guerra mondiale, è in crisi, come dimostrato dal numero crescente di potenze nucleari (vedi tabella sopra) che non hanno firmato il TNP, dalla crisi con l'Iran (che ha firmato il trattato), dall’ulteriore sviluppo (dagli Stati Uniti, in particolare) di nuovi tipi di armi nucleari, come ad esempio le "mini-bombe", dal ruolo non sanzionato del Pakistan nella proliferazione attiva, e dal recente accordo tra India e Stati Uniti, che ignora completamente il trattato.

In un tale contesto, ed a causa delle gravissime conseguenze che questo conflitto potrebbe avere, la crisi Iran/USA/Israele non può essere affrontata come se fosse un caso individuale. Essa deve essere gestita come parte di una strategia di lungo termine, basata su nuovi metodi, adatti alle realtà del 21° secolo.

 

Teheran e Tel Aviv, in termini di armamenti nucleari, sono due facce della stessa medaglia

Prima di descrivere il concetto di diffusione controllata, torniamo brevemente alla situazione dell'Iran. In effetti, per risolvere un problema, bisogna valutare i fatti indipendentemente da qualsiasi ideologia o pregiudizio.

Ad esempio, immaginiamo che gli Stati-Uniti non abbiano armi nucleari, mentre il Messico ed il Canada, invece, sì. Oppure che la Francia, circondata da paesi in possesso della bomba atomica (non avendo mai firmato alcun trattato nucleare internazionale), fosse un paese privo di armi nucleari. Quanto tempo ci vorrebbe perché Washington o Parigi  rifiutino il trattato di non-proliferazione2, e corrano alla costruzione di un arsenale nucleare? Probabilmente nemmeno il tempo di scrivere questo saggio! Parigi e Washington, naturalmente, avrebbero invocato esigenze di sicurezza nazionale, per giustificare la loro mossa, e per uscire dai confini di qualsiasi trattato.

Questa è esattamente la situazione della crisi iraniana. Teheran è circondata da potenze nucleari (Russia, Israele, Pakistan e, forse, Arabia Saudita) e, ciliegina sulla torta, dal 2001 alcuni dei suoi più stretti confinanti – paesi come l’Iraq, l’Afghanistan o il Kuwait -- si sono trasformati in basi militari americane. Anche senza avere un estremista come il presidente Mahmoud Ahmadinejad a capo del paese, l'Iran starebbe in ogni caso cercando di dotarsi di armi nucleari, con qualsiasi mezzo ed al più presto possibile.

Qualsiasi altro atteggiamento sarebbe sorprendente, soprattutto per quanto riguarda la superba lezione di "real politik" impartita dall'amministrazione Bush, che ha dimostrato al mondo che un dittatore con le armi nucleari (Corea del Nord) è intoccabile, mentre un dittatore senza armi nucleari (e con il petrolio, come nel caso dell'Iraq) è invece un obiettivo primario. Questa lezione, una delle peggiori ad aver permeato il pensiero internazionale negli ultimi decenni, perché ha eliminato ogni altra considerazione che non fosse la forza bruta, è stata ben compresa.

E' ormai certo che l'Iran farà tutto il possibile per andare avanti sulla strada per la bomba atomica, nel tentativo di "santuarizzare" il suo territorio, come la Francia sotto l'influenza di De Gaulle, e come  Israele negli anni '603.

Cerchiamo di essere chiari: questa è una tendenza inevitabile, a meno che l'Iran non venga distrutto. L'amministrazione Bush e tutti i promotori della guerra in Iraq, per la loro povertà intellettuale e per la loro avidità di petrolio, hanno contribuito notevolmente ad accelerare questo processo. Ed ora che gli Stati Uniti e tutto l'Occidente sembrano indeboliti e divisi (problemi finanziari ed economici, crisi sociali, Afghanistan ...), l'Iran non cambierà certamente idea.

L'Iran si comporta proprio come ha fatto Israele nell’acquisire armi nucleari a garanzia della propria sopravvivenza, e per il rafforzamento della propria posizione regionale. L'Iran agisce allo stesso modo: Tel Aviv e Teheran sono le due facce della stessa medaglia, quando si parla di armamenti nucleari.

Così, a parte i concitati atteggiamenti presso le Nazioni Unite, e la proposizione di un embargo su scala limitata, Washington, Parigi, Londra e Berlino non possono far nulla al riguardo. E' troppo tardi. I russi ed i cinesi hanno ora altri interessi ed un peso molto maggiore. La storia non dà una seconda chance4 (4). Tuttavia si può uscire dalla situazione di stallo, aprendo un nuovo percorso: nel caso di specie, girando la pagina della "non-proliferazione nucleare", ormai obsoleta ed inefficiente, ed aprendo il percorso alla "diffusione nucleare controllata", buona per garantire la sicurezza sia dell'Iran che dei suoi vicini di casa, grazie ad un esercizio controllato della deterrenza regionale.

 

Verso un Trattato di  Diffusione Nucleare Controllata (CND)

Questo nuovo TNP, ovvero il trattato CND, dovrebbe ricevere ispirazione anche dai progressi compiuti in ambito internazionale a partire dal 1960, su tre aspetti, in particolare:

 

  • Affrontare lo sviluppo del nucleare civile e militare nel suo complesso. L'accesso al "Club Nucleare" non dovrebbe più avere lo scopo di prevenire lo sviluppo delle armi nucleari attraverso l’autorizzazione allo sviluppo del nucleare civile; si dovrebbe invece fare sforzi di convinzione sul fatto che le armi nucleari siano inutili, o che dovrebbero essere parte delle politiche di deterrenza globali o regionali.
  • Definire le regole di adesione al "Club Nucleare" che, invece di dipendere dagli arbitrari punti di vista dei suoi ex membri, dovrebbero al contrario basarsi su criteri trasparenti, con chiare e riconosciute regole a livello internazionale, nonché sul controllo multilaterale della loro esecuzione, una volta che si fosse diventati membri del club. Le procedure di adesione all'UE o al WTO, potrebbero servire come fonte d’ispirazione, nella definizione della "acquisizione politico-nucleare", stabilendo le condizioni d’accesso alle armi nucleari. Tra gli altri requisiti, dovrebbe essere compresa l’imposizione di un processo democratico – ovvero libere elezioni, controllo politico dell'esercito, firma dei relativi accordi regionali di sicurezza e, se possibile, di cooperazione economica e commerciale.
  • Ripensare un certo numero di condizioni di base del TNP, ormai superate dalla storia. Ad esempio, la nuova dimensione costituita dal possesso di armi nucleari da parte di entità non-statali, deve assolutamente essere presa in considerazione, al fine di essere bandita e severamente sanzionata. Nel frattempo, il concetto che le armi nucleari siano destabilizzanti, in essenza ed in ogni situazione, deve essere abbandonato. In effetti, la storia europea della seconda metà del 20° secolo dimostra che questa idea è sbagliata. La deterrenza equilibrata può portare alla pace, anche quando è impossibile riuscire a creare aree libere dal nucleare (il che dovrebbe essere, ed in ogni caso, l'obiettivo principale di qualsiasi politica di controllo del rischio nucleare).

Dietro la crisi iraniana si profila un nuovo passo nella trasformazione del mondo, innescata dalla caduta del Muro di Berlino. Siamo ancora nel pieno del processo di fuoriuscita dal mondo post-1945, e la crisi sistemica globale contribuisce ad accelerare questa evoluzione. Al fine di trovare la strada verso il "mondo del dopo", possiamo scegliere tra la cieca arroganza di Achille, e l’acuta intelligenza di Ulisse; tra la non proliferazione (sempre più esercizio virtuale di un potere illegittimo basato sul pregiudizio) e la diffusione controllata (cercando di mantenere una lucida dose di realtà, per creare regole vincolanti, che possano essere accettate da tutti i soggetti interessati).

Secondo LEAP/E2020, evitare le peggiori conseguenze dell’attuale dissezione geopolitica mondiale richiede anche un certo coraggio nel modo di affrontare la questione nucleare. C'è un paradosso, ma è solo apparente: questo è certamente il modo migliore per garantire la sicurezza di Israele e del Medio Oriente nel suo complesso. La deterrenza nucleare è un fattore di equilibrio ampiamente collaudato nel corso del 20° secolo, che ha impedito l'escalation di conflitti che, senza la minaccia di queste armi, ci sarebbe certamente stata.

 

  • 1. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, che cerca di vendere centrali nucleari ad ogni paese che visita, è egli stesso un divulgatore di tecnologia nucleare.
  • 2. Sapendo che l'Iran non rigetta il trattato che ha firmato, al contrario di Israele, Pakistan e India.
  • 3. I due paesi cooperano anche allo sviluppo di una bomba israeliana. Fonte: Federazione degli scienziati americani, 08.01.2007
  • 4. Le vuote, fantasiose, parole di Barack Obama sull'abolizione delle armi nucleari, ancora una volta dimostrano quanto questo presidente sia totalmente scollegato dalla realtà geopolitica (salvo il fatto che si trattava di un mezzo per ottenere a poco costo il Nobel per la Pace). In particolare, è in gran parte grazie alle armi nucleari che l’attuale crisi mondiale non si è trasformata in una serie di conflitti aperti (come è avvenuto nel momento del conflitto USA-URSS). Purtroppo questo stato d'animo aliena gli Stati Uniti da un contributo realistico alla revisione del TNP